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da VOLO DI CRISALIDE a SE DI TERRA FATTI

VOLO DI CRISALIDE (Edizioni del Leone, '89)

La prima raccolta pubblicata integralmente, venne giudicata minimalista ed essenziale. Willy Pasini (in una lettera inviatami) la paragonò ad un notturno di pianoforte!

Per questa, che considero la mia opera prima in assoluto, scelsi un titolo che desse l'idea dell'immaturità, del non stato, di un volo che non può essere (infatti, la crisalide, che è una farfalla immatura, non può volare).

VELI

Il chiarore dell'alba 

sembra vero

Veli stesi tra noi

Se si apriranno

forse avrò moivo

di ricordare

Troppi domani 

diventarono ieri

senza una forma

Ti guardo

La tua immagine 

è l'abbozzo

dei fatti che saranno                                                                                                                                                      

o i resti d'un ricordo

non successo

T'ascolto

Le tue frasi sono opache

sembrano solo suoni

nati dal vento                                                                                                                                                   

ONIRICHE REALTÀ (Edizioni Fruska G.EDI.F, 1991 e Gabrieli ed. 1999)

Di questa raccolta di sogni in poesia, l'editore scrisse nell'introduzione:.

"I dubbi, gli spiragli, le contraddizioni (la realtà che è sogno), gli impalpabili mutamenti del tempo, le sensazioni più lievi, sono i protagonisti assoluti della poesia di Rossella Martini. Una poesia che, senza dubbio, sembra rifarsi alla lezione montaliana, ma si addolcisce e si stempera in uno stile particolarissimo, proprio dell'Autrice."

E Giorgio Bàrberi Squarotti, in una lettera privata:

"Oniriche realtà (...) che ho letto con interesse per la sapienza delle delicate e aggraziate invenzioni di immagini e figure. Soprattutto là dove più surreale è il discorso, più originale è la sua poesia."

ECLISSI

Mascheroni di pietra

disillusi                                                                                                                                

declamano da secoli,

sfacendola,                                                                                                                              

quanta luna

contiene la fontana.

Zampilla la pedante

distinzione

tra un astro

ed un riflesso:

entrambi non toccabili.

Roccioso

o inconsistente,

un polo d'attrazione

è irresistibile;

è fatale orbitarci 

ed ha ragioni

che la ragione

non riesce ad oscurare.                                                                                                                                              

Di pietra, contemplarti

dalla notte,

o entrare nel tuo sguardo

con un gesto

e il timore di sfarti: 

distinzione                                                                                                                             

tra i cui termini 

passa lentamente

la fase condannata

alla tua assenza.                                                                                                                                                

E il tuo passare, ignaro

di quanta mia attenzione

lo circonda,                                                                                                                           

ricorda il cono d'ombra

dell'addio.                                                                                                                            

SULLO SFONDO SIBILLA (Gabrieli Ed. 1993)

Premiata con la medaglia "L'Ala della Vittoria" e vincitrice del premio "Il Paese che non c'è", questa raccolta è congegnata in 3 capitoli (SULLO riguardante il passato, SFONDO che simboleggia il presente che passa in fretta e inosservato, e SIBILLA che indica un futuro imperscrutabile, enigmatico)

Giampiero Neri, nella presentazione, scrisse:

"Lo sfondo in cui si colloca e si sviluppa il breve poemetto potrà sembrare esiguo, almeno da un punto di vista geografico. (...) Ma il lettore interessato alle descrizioni non avrà di che rammaricarsi. Alla sua discreta curiosità si offre una copiosa materia, adatta alle fantasticherie, delicata e mutevole, ma insieme anche precisa, come è appunto della poesia che più segretamente ci riguarda."

Riporto di seguito la poesia della raccolta, con la quale vinsi il premio letterario "Il Paese che non c'è" edizione 1991:

PASSO DA VIA LEOPARDI

Passo da via Leopardi

come da un vecchio amico

che mi ha dato

degli splendidi mazzi di parole

per consolarmi

quando non aveva 

parole la tristezza.

Avanti alle facciate affumicate,

scrostate dei palazzi

e al muschio marcio

che gronda

dalle cole arrugginite,

passa sempre un profumo 

di ginestra,

che giunge da un negozio 

di fiori sempre aperto.

La fioraia ha un sorriso

dolce, stinto,

una treccia mai sciolta

per nessuno,

anni sfioriti nel retrobottega:

come consolazione

(trovata lentamente)

fa da sfondo

all'armonia di tinte,

forme e odori.

SINDROME DI STATUA (Lo Faro edit., 1994)

Come si evince dal titolo, questa raccolta (la cui copertina riporta il mio dipinto "Aspettando il passato") è formata da poesie elencate come sintomi di una malattia, del malessere esistenziale legato agli addii, all'oscuro "non so che" che permea di insoddisfazione la vita e fa bramare una perfezione che la realtà, forse, non contempla.

Cosi' il critico P.Montini nella presentazione:

"È la coscienza della paura dell'immobilità, della stasi e dell'accorgersi che ogni giorno, ogni tempo è saturo del tempo del venir meno. Ci troviamo davanti al mito della "statua di sale che si scioglie - a ogni lacrima - un po' " (...) Il valore della poesia della nostra, ha accenti fortemente metafisici (...) è la poesia della dissolvenza, della coscienza del tramonto..."

Ecco di seguito la lirica introduttiva ed altre del corpo dell'opera (che inizia con la poesia intitolata RISPOSTA e termina con quella intitolata DOMANDA, come a sottolineare che ciò che si chiede alla vita è retorico, perché tutto sembra predefinito, scritto da prima senza una sostanziale possibilità di cambiare).

LUNGO GLI ANNI E I TIMORI

Il corso dei timori è imprevedibile:

a volte va a ritroso, a confrontare

le fogge nuove dell'ansia a quelle vecchie,

alle cravatte che il cinese aveva

da vendere all'incrocio; a volte corre

sul rettifilo oliato del sospetto

che il presente sereno che viviamo,

abbia i gioni contati; a volte è fermo,

incombente su affetti in forte attivo,

minacciando un ritorno a raccattare

uno sgurdo o un sorriso abbandonati

tra ruderi abitati

da vecchie solitudini.

RASSEGNAZIONE

Mentre seguo il percorso delle rughe 

sulle tue vecchie storie,

e mi ci areno;

mentre cerco il riflesso che ci unisce

(color precarietà); e mentre afferro

sulla soglia i tuoi ultimi minuti

(già pronti per uscire),

immagino i più piccoli dettagli

della felicità completa

che non vivo,

di una statua di sale che si scioglie

a ogni lacrima

un po'.

GREVITÀ

In fondo agli anni

calcificano astratte

malinconie,

stillate da secondi,

minuti,

ore, 

giorni

senza te.

Ricordare le cose che vivremo

non basta ad impedirmi di affondare,

di constatare come la tua assenza

ha fattezze inquietanti

che somigliano

troppo

alla solitudine.

Attraverso a memoria il tuo sorriso,

zavorrata dal mio

(che non possiedo).

Mi pesa vivere

quando non ci sei.

PEDANTERIA

Ho corretto il vissuto con lo scrupolo 

pedante di chi vive a tavolino,

e debba e voglia viverlo di nuovo.                                                                                             

Il mio passato Ã¨ quello vero, attonito, 

insabbiato e rinato come il seme

d'un'erba imprevedibile (il futuro),

o quello finto, che adesso mi tortura, 

fatto di molle, bilancieri, viti

ed ingranaggi lucidi, perfetti?                                                                                                                                      

INTERFERENZE & MUSICA (Lo Faro ediz., 1998)

Con in copertina un mio disegno "Concerto per vita e orchestra", ogni poesia di questa opera è costituita dal testo vero e proprio e da interferenze che, inserendosi, introducono, precisano o sottolineano i concetti e le atmosfere del testo stesso.

Nella presentazione, Stefania Severi dice:

"L'atto di creazione poetica smette di essere il ricercato compimento di una composizione secondo regole letterarie, ed assume, al contempo, i connotati di una composizione musico-vocale con tanto di regole e di riferimenti pertinenti alla musica e al canto. In questo libro la poesia diviene sperimentazione, commistione, contagio di linguaggi, attivando un circuito (talora un vero e proprio corto circuito!) tra sentimenti e mass media, in un rimando continuo fatto di echi, di riverberazioni, di ammiccamenti, di sopraffazioni."

Questa opera vinse il premio letterario "Olimpo da Sassoferrato" ediz.'94 e il "Poliziano" ediz.'96, oltre ad ottenere vari riconoscimenti e segnalazioni.

Tra paludi fangose e sabbie mobili

solo una strada. Dall'alto della rupe

si visita il pericolo

d'intorno

Come Mont St. Michel quando c'è l'alta 

marea è il sogno: senza connessioni

con la realtà evidenti ma reali.

sarà assolutamente memorabile 

quando coinciderà

col plenilunio

Se hai voglia di sognare tanto forte

che il sogno resti , intatto, nella veglia,

dormi nelle mie mani,

io nelle tue.

i sacerdoti celtici evocavano

verso occidente

il sole:

da est sorge per tutti

ogni mattina;

da ovest, eventualmente,

solo per chi l'adora.

Se avrei potuto amare qualcun altro

come amo te, è una domanda oziosa,

senza un appiglio nella realtà, nell'anima,

nella voglia di farla, di risponderle.

pellegrini del sogno, non portiamo

conchiglie piene di sabbia

o viceversa,

ma souvenir effimeri

al risvaglio

Effimero il quesito in fondo ad ogni

tipo d'amore, da non porsi mai:

solo chi non è umano si può illudere

che ci sia una risposta.                                                                                                          

Risposta: non c'è posto per più storie

oltre alla nostra, nella mia curata,

lustra affettività (ed ora, certo,

neanche nella tua, ammaccata, opaca,

usata come un'auto da rally).                                                                                                           

LE COORDINATE DEL FORSE (Gabrieli Ed., 2003)

Di questo, che è quasi il diario di un viaggio vago e vano (come anticipa il titolo, infatti, uso la precisione propria delle coordinate, per individuare una meta, il "forse", indistinta per antonomasia), l'Editore scrive nella presentazione:

"Giungiamo, quindi, a capire il difettoso bivio delle ansie e dei sogni in cui fa muovere gli stessi ideali che danno energia alla sua vita. E nelle tenui sfumature del suo mondo interiore, prendono forme ed essenze cose, persone ..."

"Nel tracciato rettilineo e costante, che ci ha lasciato l'autrice (...) non abbiamo perso di vista la rara saldatura che ella pone tra il suo segreto mondo interiore e la realtà oggettiva che espande nelle strutture del suo domani."

Sanno ancora di pioggia le ombrellifere

che, in fiore, disegnai su un foglio antico,

dietro "La quiete dopo la tempesta"

Chissà se potrò scrivere di  nuovo,

se le parole, infine, consumate

da secoli di pioggia, non saranno

più taglienti strumenti d'incisione

sul derma della consapevolezza,                                                                                                       

se al sole svanirà la sensazione

(macigno di granito in fondo all'anima)

che mai nessuna gioia può sconvolgere

tanto quanto può fare un dispiacere.

E il vecchio ombrello, color arcobaleno,

vola leggero sopra le tempeste,

alla deriva, ormai, della mia vita.

***

Ottobre. Luna (quasi ultimo quarto) 

di trafugo, tra vortici di nembi.

Tuoni lontani, lampi più vicini

ad ogni iroso scatto di libeccio.                                                                                                                            

Mulinelli di foglie. Una falena 

(presa o aggrappata a un secco grumo)

ha perso un'ala.

E rotola.

Perché mi Ã¨ doloroso da morire

estirparmi dal cuore le persone

che ho incontrato in un angolo o nel centro

di questa cosa ostica, bislacca

che, per semplificare, chiamo vita? 

E solo immaginare di scordarle

è come tagliar via da me una parte

che non ricresce, un tempo che non torna

(perché il tempo è impietoso:non concede                                                                                                                                                    

il bis di nulla,

nmeanche di un momento!).

E rotolo, aggrappata o imprigionata 

nel tuo ricordo, trascinata o incontro

al futuro a cui porta un mulinello

di nembi e di libeccio.

Ho perso un'ala. 

NOTE AL MARGINE (Gabrieli Ed., 2005)

Come sottolineato nel titolo, in questa raccolta si alternano poesie e postille (alcune delle quali in prosa) che possono essere un biglietto di treno, un appunto del passato, una telefonata, l'annuncio di un'eclissi, una poesia ritrovata o semplicemente un concetto, una precisazione conseguente.

Tra il grigio e il verde (senza moto, eccetto

quello che, giù dal cielo, va e rimbalza

sopra la superficie, quasi solida,

di questo mare così,

di sfondo, in corsa)

                                                                                                                                                           sembra la vita, adesso: senza fatti,

senza sviluppi (se non immaginari),                                                                                                                                                                      

refrattaria a ogni gioco della sorte

che non riguardi, in qualche modo, te.                                                                                                                                                                            

E la spiaggia assolata, profumata,

ondulata di musica e parole,

(che finora ho intravisto solo in sogno)

sembra lontana come ciò che bramo:                                                                                                                                                                        

una vita normale (bella ... forse

perché non so raggiungerla).                                                                                                                                                                                     

(scritta due mesi prima di conoscerti,

parla di te, degli occhi verde-mare

- o verde-marcio, come dici tu -

con i quali mi guardi, come guardi,

nei tuoi giorni di pesca, l'Adriatico,

tra voglia di scordare e quei relitti

che, come a me,

tornano sempre a galla;

parla di me, dell'attimo interdetto

che si spalma sull'anima e camuffa

l'identità d'una premonizione,

della quale m'accorgo solo dopo,

quando tutto è sfuggito tra le dita).

ENIGMI ESTINTI (Gabrieli Ed., 2004)

La definisco "una raccolta per una stagione", intuita e realizzata in pochi giorni (come per fissare questa storia inconsistente prima che si fosse persa) e pregna di una atmosfera minimalista, quasi "orientale", e serena (nonostante tutto).

Io non ne posso più dell'incertezza,

delle storie il cui lato positivo

va cercato tra mille, immaginato,

inventato ... facendone virtù,

definendo lo sforzo "arte di vivere".

Non posso più ricominciare tutto

sempre da zero, fingere di credere

che sia una terra solida, magnifica,

la distesa di nuvole assolate

che forma l'orizzonte, che la gazza

attraversa rubandovi riflessi,

sprecandovi sè stessa.

Ora ho voglia di vivere soltanto

(di briciole magari, ma sicure),

di mani e vite da intrecciare, amandoci

semplicemente,

giorno dopo giorno.

 ...

 Quando ancora le foglie non ci sono

(come qui, in questa luce a fine inverno),

le ombre sono scheletri di gemme,

di ali di farfalle, di impressioni;

e schermano gli abbagli tanto quanto

le sfumature fragili che sbocciano

in quest'anima sempre a fine inverno.

...

 Ho amato quegli inediti risvolti

che, con te, avrebbe avuto la mia vita

(se non fossero stati fantasia,

ombre cinesi a effetto, proiettate

su vecchie storie

ormai di solitudine),

quell'intreccio di dita e di parole

spontanee, schiette (ma da parte mia),

quando dicesti che sembrava magico

che stessimo abbracciati ... dopo averlo

ritenuto impossibile per mesi

(salvo dimenticarlo appena uscito).

Io, di te, ho amato

quello che non sei.

 ...

 Ãˆ curioso che, a volte, percependo

il momento presente (svincolato

dal prima e il poi) mi senta meno male

di quello che dovrei, di quanto è lecito,

quasi perda coscienza del dolore

per chi non può venire nel futuro,

quasi lasci il fardello di speranze

rese grevi da scorie del passato,

quasi che conti solo andare avanti,

che l'esistenza conti più del come.

TRAME E FRANTUMI (Gabrieli Ed.,2006)

Come da titolo, si tratta di storie appena abozzate o andate in frantumi, pervase dalla consapevolezza della loro fragilità.

Trama V

Forse sei solo un sogno ricorrente,

a cui non so resistere (non voglio!),

dentro il quale so amare fino in fondo,

e dal quale, in teoria, potrei svegliarmi

senza formalità, senza altro ostacolo

che l'elastico (avvolto alla mia vita)

che mi riporta dentro

qualche volta.

 ...

 Oggi ho tirato fuori dall'armadio

i pensieri leggeri.

                             Ti sei accorto!?

È tornata di nuovo primavera!

 ...

 Sembrano ciò che provo verso te,

e profumano quasi di miracolo

(che si ripete nonostante tutto

ciò che di proibitivo può distruggere

la trama delicata della vita)

le piantine che vivono di nulla

sopra i tetti di coppi vecchi, grigi,

fiorite per dispetto o per amore

anche quest'anno, fino a ricoprire

di tenero candore lo squallore.

...

Chissà se, infine, imparerò ad esistere

da turista, a raccogliere i ricordi

(ma non la nostalgia)

come dei souvenir, a non lasciare

un pezzetto di cuore in ogni posto

(chè di posti si tratta, non di anime,

chi ho amato e, come i luoghi

- anche i più belli -,

non ha saputo

o voluto ricambiare).

ALMANACCHI PARALLELI (Nicola Calabria Edit., 2007)

In questa raccolta, chi scrive percepisce le tante sfaccettature che caratterizzano uno stesso fatto e uno stesso monento, e le annota in 3 diari paralleli nei quali l'Io fa da fulcro, da punto di equilibrio, nel tentativo di ordinare le sensazioni e i sentimenti che investono la mente.

Non a caso, infatti, l'opera è suddivisa in 3 capitoli che decorrono contemporaneamente, le  poesie dei quali sono individuabili in base al lato della pagina che occupano (il capitolo intitolato TU è allineato a sinistra, quello intitolato IO è al centro, e quello intitolato ALTRI TU è allineato a destra).

Ho scelto il termine "almanacchi" perchè ha in sè il significato sia di annotazione diaristica, sia di fare congetture, di dissertare sopra cose e fatti (che normalmente vengono lasciati scomparire).

Particolarmente attinente al testo è, in copertina, il mio disegno di un delicato paesaggio ovattato di nebbia, dalla quale emergono paralleli alcuni colli che si gettano in un lago immobile, su cui galleggia e rispecchia un tronco secco con un corvo sopra.

31 gennaio 2005

Più che in qualsiasi mattinata chiara

o meriggio inondato dalla luce,

mi attira il sole quando è troppo tardi

e, neanche volando, potrei averne

il colore e il calore

sulla pelle.

E immagino si stare dove sei

(lontano, qui o in quest'ultimo mio sogno),

a crogiolarmi agli ultimi tuoi raggi,

a sciogliermi di dosso

questo inverno.

***

A Città della Pieve c'è un palazzo

di pietra tenera

che si scioglie in fretta,

come la nostra storia (pensai allora).

Ma una città struggente

ho dentro l'anima.

28 marzo 2005

Il lago di Fiastra ha sponde tetre

oltre l'immaginabile, anche adesso.

E il clima non aiuta a percepire

che sta iniziando una stagione nuova.

E sembra assurdo che io abbia una sponda

(almeno una!) colorata e calda,

da godermela solo. E non pensare.

***

Se fosse tutta come qui, la vita

(sostanzialmente estranea, anche se mia),

se fosse chiusa da una diga grigia

tra pareti scoscese, solitarie,

tra desideri stanchi (atti soltanto

a gettarsi di sotto), mi domando

se il tuo pensiero

mi terrebbe a galla.

Pochi versi (colore argento antico

come qualche remoto, perso mare,

come il tono che assume il poco sole

che adesso passa tra le nubi nere)

mi bucano i discorsi estranei intorno,

chiariscono che, in fondo, la poesia

è un discorso privato, un tentativo

di fissare per sempre la bellezza

nello spirito mio

e di chi mi ascolta

(se qualcuno mi ascolta, se davvero

è formata di singoli infiniti,

e non di masse brute, limitate,

l'Umanità.

AD OVEST DI TE (Tindari Ediz., 2009)

In questa storia fatta di nulla, sfumata e immobile come un lungo tramonto estivo, la meticolosa annotazione del tempo è la sola cosa solida, concreta. In pratica si tratta della cronaca di fatti non avvenuti (anche se desiderati, auspicati) e del conseguente disincanto, a tratti anche molto amaro.

In copertina è il mio disegno (a tecnica mista) intitolato "Primavera che passa".

Nella presentazione l'editore scrive:

"Pagine di un diario in cui il lettore, muovendosi attentamente, ha la possibilità di cogliere la profondità e la bellezza dell'anima poetica di Rossella che, con questi versi, ci incanta."

Ecco la poesia da cui deriva il titolo:

Ad ovest di te, quanti tramonti

ci ho visto scolorire lentamente,

tra profumi di resine disciolte,

d'acacie, tigli, storie raggrinzite,

sbriciolate a narrarle, ricordarle.

E in questa poca luce che, pietosa,

vela i dettagli della realtà (taglienti!),

immagino di averti tra le braccia,

perché, di notte, tutto sembra altrove

(tranne quello che amo, che vorrei),

contratte le distanze, corti gli anni,

e quieti i mari per cullare i sogni.                                                                                                                                                        

28 giugno, ore 22,30

***

So che ci sono stati giorni lievi,

nei quali (perché c'eri tu nell'aria)

regnava il sole, e nuvole lontane

erano solo giochi della brezza;                                                                                                                                                                      

so che serate chiare galleggiavano

sopra notti sottili (come i fogli

su cui scrivevo fiabe verosimili),

fino alle aurore successive, splendide

(come sempre i finali delle favole),

fatte di porte e di finestre aperte;                                                                                                                                                  

ma a guardarti così (davanti a me 

eppure via ... come l'indifferenza)

non mi riesce più

di ricordarli.                                                                                                                                                                                                                 

13 novembre, ore 18,45

***

Sì, la realtà va letta, decifrata,

interpretata poi, come un romanzo

che non ci si ricorda d'aver scritto

per sommi capi, a sprazzi, e poi bruciato

strada facendo,

forse per scaldarsi.

Eppure (anche se, in fondo, lo sapevo)

mi stupisco a vederti scomparire

esattamente dove ti notai,

dentro la stessa folla e la certezza

che sempre è come se nulla

fosse stato.                                                                                                                                                                  

13 novembre, ore 20,14

***

Viene l'autunno quando manca il mare,

quando incombe il pensiero che l'estate

è agli antipodi, è persa (ma soltanto

perché non l'ho vissuta mai del tutto),

quando sento che, in fondo, sono uguali

(tranne che per i titoli di testa)

tutte le storie,

la loro amara fine.                                                                                                                                                                                  

E ricordo la notte e un temporale

sopra l'ultimo mare

che ho vissuto.                                                                                                                                                                      

15 novembre, ore 15,49

VISSI DOMANI (Nicola Calabria Edit. per Centro Studi Tindari Patti, 2012)

Considero questa raccolta, con in copertina il mio disegno "Semprevivi al tramonto", come l'angolo di svolta (e, come tale, è breve e sottile!)  verso la mia piena maturità artistica. In essa anche l'amore (il tema massimamente trattato nelle mie opere precedenti) subisce un'evoluzione, una trasfigurazione, guadagnando uno spessore affettivo ed esistenziale che controbilancia ampiamente quanto, della passione, tende a sbiadire con il tempo.

E considero la seguente poesia come l'angolo dell'angolo, oltre il quale la visione è diversa e non serve a nulla voltarsi:

SON TUTTI UGUALI I MARI DI DICEMBRE

Son tutti uguali i mari di dicembre:

omologati a una tristezza standard.

Le palafitte blu dei pescatori

sembrano scolorite,

in bianco e nero;

l'odore di marciume non si scioglie, 

come la schiuma grigia delle onde

resa quasi calcarea dalla bora;

i blocchi frangiflutti, di cemento,

ogni anno di più mostrano i ferri

(arrugginite ossa di carcasse

in lenti, impercettibile degrado,

o macerie di un Eden sorto rudere,

o sogni nati già come ricordi).

                                                                                                                                                             E la sabbia si accumula sui passi,

li rende senza verso e identità,

quasi emblema del fatto che si resta

(inevitabilmente, prima o poi)

con nulla intorno

e troppo nella mente.

Fortuna che qui, adesso

ci sei tu!

Il brano che dà il titolo all'opera è:

VISSI DOMANI DI SPERANZE STINTE

Vissi domani di speranze stinte,

diventate ricordi estranei, ostili.

sanno essere.

Vissi sogni che adesso non ritrovo.

Vissi storie mancate, affetti tolti,

amori che non riesco più a capire,

che forse non saprò più immaginare

se non avrà altre stagioni,

l'anima.

 E a seguire:

SE SULLA NOSTRA PELLE RISULTASSE

Se sulla nostra pelle risultasse

quello che abbiamo visto andare via

nostro malgrado, forse sembreremmo

un assommarsi di reperti antichi:

ponti tra il nulla, sopra i propri pezzi,

pietre miliari senza più le vie,

fondamenta ciclopiche, colonne

che hanno sorretto statue

andate perse,

frammenti delle scene d'ogni giorno,

mosaici mai compiuti e deformati

da cataclismi, inverni e nostalgia.

E recherebbe traccia di ogni pugno

che ci ha inferto la sorte, e di carezze ...

come quella che adesso mi regali:

forse sei tu la tessera più glauca

(nel centro dei miei ruderi)

che manca!

SALUTI DALL'OBLIO (BookSprint Ed. 2016) ROSSELLAMARTINI.WORDPRESS.COM

L'oblio (constatato, cercato, temuto, analizzato da più piani e in tutte le sue sfumature) è il tema di questa raccolta, che è concepita come una cartolina (i cui capitoli che la suddividono, richiamano una terminologia "postale") e riporta in copertina un particolare del mio disegno "Quiete".

L'opera, disponibile anche in e-book, affronta il mio rapporto con il mondo, le ansie, i ricordi e la constatazione di come, di fatto, il nulla (di cui l'oblio è il re) non può esistere, semplicemente perchè ci siamo noi a constatarlo, perchè "Non si può nè potrà mai non esistere", come recita la citazione dell'opera (ricavata dalla mia raccolta LE COORDINATE DEL FORSE).

Del mio oblio nei confronti del mondo (e viceversa) scrivo:

Quel po' che il mondo mi ha riconosciuto,

deve essere nel caos delle mie carte:

non lo si può trovare, anche volendolo,

perso come il passato e quel successo

che avrei dovuto cercare ad ogni costo,

e che, meno che mai, adesso cerco.

Le mie cose importanti sono altre.

(Con cura, nella scatola, ripongo

due foglie

impressionate dall'autunno).

***

Dal mondo,

ho sempre preso le distanze,

oltre che dalle mode, dai clamori,

dalle parole urlate quanto effimere:

sempre a più alte quote, sulla torre,

sono eremita di principi e scelte.

Dell'ansia (che non può non pervadere la percezione della precarietà) e , conseguentemente, dell'oblio quasi auspicato dico:

La veduta di tutto, me compresa,

è cambiata, ma non nella sostanza,

ché i miei principi sono sempre quelli:

sembra la melagrana che, sfiorata

dalle mani del tempo, si raggrinza,

mostra fibre percorse da una linfa

che, piano piano, la farà di sasso.

Eppure,

ciò che vedo è sempre stato:

a ieri è succeduto sempre un oggi

seguito da altri oggi (che, oramai,

non considero più

come domani).

***

La forza della fragilità

sa di miracolo

(come l'aro sbocciato tra l'incendio,

la zattera di legni sull'abisso,

l'equilibrio dei bimbi e degli anziani);

e si trema per essa, perchè Ã¨ certo

che i miracoli

sono molto rari.

***

Io credo sia più semplice trovare

la coscienza di sé, che attenuarla

una volta che, in tutto il suo splendore,

abbia disintegrato tutto il resto

(come Zeus nudo fece di Semele,

della quale rimase un figlio ebbro).

E si mettono in atto strategie

destinate a sortire un breve effetto,

a fallire comunque, in un grottesco

rimpiattino

a nascondersi da sé.

E il corpo, forse perchè vulnerabile,

viene avvertito come superato

grumo di ansia e di preoccupazioni,

la cornice tarlata, inadeguata

al quadro immarcescibile

che è dentro.

Del rapporto tra ricordi e oblio dico:

La mia memoria

è fatta di finestre

dalle quali ho guardato andare via

persone che non sono più tornate.

E non mi sono perdonata mai

di non aver compreso essere quella

l'ultima volta che le avrei guardate,

di non averle stampate nei miei occhi,

e di averle lasciate scomparire

quasi per un mio battito

di ciglia.

***

Temo i ricordi da una vita intera,

forse pure i leggeri (perché andati),

oltre a quelli comunque sopportabili.

                                                                                                                                                                    Ma soprattutto temo i rimanenti,

quelli che non si possono lasciare

nonostante dilanino la mente

(dando dolore

quanto più son lucidi).

                                                                                                                                                                     Mi consola soltanto aver capito

(stalattite di lacrime rapprese)

che chi ricordo

non è perso,

mai.

***

Ai miei dicevo: "Faccio un giro in centro."

(nei pomeriggi giovani d'allora).

Rispondevano sempre: "Torna presto!

Senza te e tuo fratello, siamo tristi."

                                                                                                                                                                     Quando ripenso a loro, mi consolo

considerando che, in fondo, è un giro lungo

quello che faccio da decenni,

ormai.

***

Basta pensare che i miei sono vicini,

per essere sicura che quel senso

di mai più (che tortura) è del precario,

                                                                                                                                                                    e che l'eterno avrà il sereno aspetto

di quotidianità bellissima

e perpetua.

                                                                                                                                                                     E il concetto che, in fondo, sono fatta

per essere felice con chi amo,

è il lumicino, che rischiara e scalda,

di una lucciola apparsa

in pieno inverno.

Infine, secondo la mia filosofia di vita, l'oblio è:

Per me

(cosciente sempre fino in fondo)

l'oblio è una fiaba che, a volte, mi racconto,

è quella distrazione dall'idea

che la vita è precaria e deperibile,

                                                                                                                                                                    Ã¨ il re d'una realtà che non c'è (il nulla),

destinato a soccombere, comunque,

nell'arco e nei confini

d'una partita a scacchi.

***

Considerare il nulla in termini assoluti,

è un po' affacciarsi a un buco nero teorico

                                                                                                                                                                    (nonostante, ovviamente, sia smentito

dal fatto che qualcuno lo consideri):

                                                                                                                                                                    si percepisce che, dell'esistenza,

è il vero opposto (da cui la sensazione

di malessere fisico, perfino),

                                                                                                                                                                     e si sente il cervello quasi esplodere,

come il big bang

che iniziò la Creazione:

***

Puoi dire che la vita ti Ã¨ servita,

quando l'hai usata come un trampolino,

                                                                                                                                                                    per osservare sempre più dall'alto

il punto dell'eterno

in cui ti trovi.

OPERA DI CLESSIDRA (Ediemme - Cronache Italiane, 2019)

Opera, questa, in cui analizzo, patisco, e supero il tempo, in tutte le sue sfaccettature e implicazioni. In essa i capitoli (Eternità, Stagioni, Marzo, Giorni, Secoli, Domani, Attimi, Oggi, Sempre, Ore 23.59) sono inerenti al modo di misurarlo, di collocarmi in esso, di riempirlo di cose, ricordi e fatti ... in fondo senza tempo.

"Non dei contemporanei

ma del tempo

è il riconoscimento che vorrei,

è che un sasso

di me resti a sfidare

il lento, incontrastabile

dissolversi."

è la citazione iniziale (tratta dalla mia raccolta SULLO SFONDO SIBILLA, Gabrieli Ed. 1992) che la sintetizza e, allo stesso tempo, indica l'inizio del percorso che mi ha portata al "qui" e all'"oggi" in cui ho localizzato l'opera e ho maturato la sottile ironia (unica arma contro l'immane grevità della materia e del tempo che la scandisce) che la pervade.

La vita è una parentesi di tempo

sul foglio immenso dell'eternità,

per cui non basta l'oggi.

Esiguo è l'attimo,

ma (per forza di cose) ci si adatta,

si cerca di plasmarlo, dargli un alito

che lo renda ad immagine

di chi lo vive:

eterno.

***

È sempre una condanna ricordare,

se è rotto il vaglio che separa il grano

dai semi amari

che non hanno antidoto,

e che intossicheranno di passato

qualsiasi immaginabile futuro;

è una condanna

perché non si accetta

che il tempo sia tiranno

(il solo vero)

e indietro non si possa ritornare.

***

La mia generazione è tormentata

più di qualsiasi altra, è di frontiera:

in equilibrio su un gradino instabile

(tra l'aratro coi buoi e il digitale,

tra pietà ed arrivismo senza scrupoli,

tra il senso di famiglia e la tendenza

a ritenere scomodi gli affetti),

sente il presente con un cuore antico

che sa non aver posto

nel futuro.

***

Io uso questo tempo come il cuculo

usa il nido degli altri,

e resta libero.

E come la sua prole, ciò che lascio

canterà da straniero

e sarà libero.

***

Se ancora mi comporto da matricola,

da chi non vuol sentirsi realizzato,

è perché la maretta tiene svegli,

fa avanzare l'intuito verso mete

che la bonaccia non fa immaginare:

è come quel tirare a lungo un viaggio

che, se si rifarà,

non si sa quando.

***

È una prerogativa dell'età

dare importanza

a quanto gli altri snobbano

(perché non è di moda o non conviene),

fregarsene di quel compatimento

con cui i "furbi" mi guardano per dire

che meno tempo si ha

più lo si perde.

***

Ci vuole stoffa ed esercizio lungo:

perdere tempo è un'arte raffinata

che ho sviluppato a forza di seguire,

per decenni e decenni, le mie idee

(a dispetto di sete di guadagni,

di ansia di apparire).

***

Di quanto avrei potuto guadagnare,

mai mi sono pentita:

tutto l'oro non vale la candela.

***

Attraverso in pantofole la vita

(quelle di spugna, silenziose, morbide):

tutto quello che voglio, in fondo, è esistere

senza dare fastidio

e a modo mio.

***

Invidio alla tartaruga il carapace

(mia sola concessione a questo vizio):

non l'avrò mai, però mi sto attrezzando,

sto estrapolando e concentrando tutto,

sto incamerando quanto alla mia brama

di sapere concede il mio cervello,

e tendo a restare in casa

soprattutto.

***

Non fidandomi affatto della giungla,

mi arrocco in casa, forte del mio stato

di intenditrice della libertà:

in barba a ciò che si crede banalmente,

il massimo è non uscire se non voglio,

è non scendere mai.

***

Nei recessi di noi penso ci sia

una realtà in parte inesplorata,

un mondo primordiale sotterraneo

dal quale emergono fossili di noi,

storie più estese della nostra storia,

e sentimeni

più antichi della vita.

***

L'origine dell'origine mi affascina,

quella più in là di cui non serve andare,

che sfugge quanto più sembra vicina,

come un miraggio

che asseta di più l'anima:

in fondo è la risposta a dove giunga

la propria ombra quando il sole striscia,

ché la ragione

non ne vede fine.

***

Poiché nulla finisce e tutto evolve,

chissà come continua la farfalla,

se si dissecca e la sua poca polvere

vaga per sempre,

più che mai intangibile,

o se anche lei si fila e avvolge intorno

una dolce bambagia (di pensieri,

di ricordi e concetti delicati)

che la protegga dalla materia stolida

e dall'io troppo lucido e presente.

E resto appesa sopra lo strapiombo,

quasi dimenticando il vuoto sotto,

pensando a mete nuove, da raggiungere

senza voli precari

in cieli incerti.

SE DI TERRA FATTI (Bertoni editore, 2022)

"A te che amo

come la mia terra

(fertile di sogni,

ricordi e nostalgia)"

Con questa dedica apro la raccolta in cui percorro la mia terra in senso emotivo, onirico, spirituale; e il viaggio non è solo nello spazio, e non procede quasi mai in linea retta: salta da una direzione all'altra, da una dimensione all'altra, come fa l'anima quando è libera e disincantata.

Ecco la poesia che dà il titolo all'opera:

Mentre percorri questo cervellotico 

mio elucubrare tra realtà e visioni,

il pomeriggio ti declina, calmo,

sul silenzio leggero con cui ascolti,

accarezza il tuo biondo un po' ingrigito,

colora la foschia del tuo celeste,

ti condensa stupore compiaciuto

sul sorriso (che c'è ma non si vede,

e come nessun altro mi consola).

E mentre si contorna d'oro antico

ciò che di noi e dei monti guarda ad ovest,

e il resto (argenteo) sfuma, oso pensare

che se di questa terra siamo fatti,

siamo bellezza

ed emozione pura.

***

Che siamo fatti di emozioni attenua

la grevità del corpo, delle cose,

fa immaginare che lasciare il mondo

portandone via solo ciò che suscita,

sia l'esito più logico, normale.

E attendere il momento in cui sarà,

sa di quei pomeriggi verdi ed umidi

nei quali si concede fino all'ultimo,

al sole,

un'opportunità di emozionare.

Tra le poesie più toccanti ci sono quelle che riguardano la mia vecchia casa, quella "in cui non vado / per non andar via poi":

Surreale è il silenzio che la invade

lungo l'ultimo giorno delle ferie

(fatto di porte e di finestre chiuse,

di saluti, pneumatici e partenze).

In genere, anche il vento se ne va,

e il fruscio gigantesco delle querce.

E il pomeriggio ha l'eco delle assenze

(che riempiono il cassetto delle foto),

dell'abbandono straziante.

                                         Ed assoluta,

la commozione mi dilania l'anima

come (si dice)

quando si nasce

o muore.

***

Senza motivo

non ho mai fatto niente.

Solo pensando a questa casa,

a un minimo

dettaglio che lontano la riguardi,

provo disperazione senza senso

né possibilità di rimediare.

Né serve dirmi che ne vivo a solo

un pugno di minuti di distanza:

non più vissuta, temo che svanisca,

come chi vi scomparve nel passato.

Come le querce, non ci si dovrebbe

spostare mai

dal luogo in cui si è nati.

***

Né andarci, né lasciarla:

                                    non saprei

cosa fare (se pure avessi il dono

di scegliermi il passato ed il futuro)

di questa casa, o forse della vita,

di quel viaggio di tempo

nel quale si percorrono decenni

e, in essi, miglia ignote e marginali,

che non portano ad altro

che a una fine.

***

Nulla come l'inconscio

esplica bene

la sconcertante vanità del viaggio,

quando nel sogno porta a quelle mete

che non ci sono più o non ancora,

rapportate al presente con ipotesi

o ricordi sfocati,

non parametri.

Ci sono anche molte poesie d'amore "sui generis", direi... del crepuscolo, ma non per questo meno intense:

Senza parole,

ci chiediamo sempre

che ne sarà di questi giorni fragili,

della quiete precaria in cui culliamo

quello che ancora resta

del domani.

Ma poiché ci spaventa la risposta,

ci voltiamo dall'altra direzione;

e riavvolgendo il nastro, ci accorgiamo

che abbiamo cominciato ad apprezzarli

quando molto di noi era già in pezzi.

E ci auguriamo (muti per paura

che, a dirlo, non succeda)

che con i cocci delle nostre vite,

insieme una

se ne possa fare.

***

Stammi vicino,

ché se il tempo vola

con ali che nessuno può tarpare,

non ci raggiunga in attimi diversi,

e rubi solo il resto, cioè quel poco

che non è noi

se rimaniamo insieme.

***

Ai giovani

(che vogliono il domani

subito in pugno) con parole tronche,

accentuiamo quanto passi in fretta

quel tempo che cerchiamo con gli anziani

di prolungare con discorsi lenti.

Anche a noi stessi (quando lo eravamo)

parlammo come ai giovani, ma adesso

a dirci "ti amo"

ci impieghiamo secoli.

"Aspettando il passato" (1983) mio olio su tavola
"Aspettando il passato" (1983) mio olio su tavola
"Pellegrino di sogni": mio olio su tela
"Pellegrino di sogni": mio olio su tela

Vissi serenità perse, concrete

come solo i pensieri

quando sembra impossibile cambiare 

(una volta per sempre) carte e gioco